Sharjah Islamic Bank sceglie Londra per la vendita di Sukuk

Sharjah Islamic Bank, realtà creditizia araba meglio conosciuta come National Bank of Sharjah, ha trovato i due partner ideali per la sua nuova cessione obbligazionaria. La scelta è ricaduta sulla città di Londra, più precisamente su due colossi bancari come Hsbc Holdings e Standard Chartered, le quali dovrebbero essere incaricate a breve di gestire nel dettaglio la vendita. Come si intuisce facilmente, si tratta dei consueti certificati di investimento islamici, conformi alla legge della Shariah e che possiamo associare ai bond nostrani. Nel dettaglio, gli strumenti in questione beneficeranno di una denominazione in dollari americani e saranno messi in vendita nel pieno rispetto delle condizioni di mercato che vigono in questo preciso momento storico; saranno comunque necessari alcuni meeting in Medio Oriente, nel continente asiatico e in quello europeo, i quali andranno a coinvolgere gli investitori che prediligono i redditi fissi.


L’annuncio è già stato pubblicato dallo Stock Exchange di Abu Dhabi, la borsa degli Emirati Arabi. Quali obiettivi intende perseguire questa banca? La sua fondazione ufficiale risale al 1976, ma è soltanto dal 2004 che essa può essere definita come società completamente assoggettata alla legge islamica della Shariah, dunque la focalizzazione del portafoglio verrà rivolta agli aspetti peculiari di questi strumenti. I Sukuk sono più che altro dei certificati di investimento che rispettano questa legge, la quale proibisce, tra l’altro, che i prestiti siano soggetti ai tassi di interesse.

La struttura dell’emissione sarà pertanto simile a quella a cui sono abituati i paesi musulmani: il titolo dovrà corrispondere a un progetto determinato, il più delle volte in ambito immobiliare, mentre non vi sarà la promessa di ripagare il debito come avviene nelle obbligazioni. In effetti, i Sukuk sono equamente divisi in murabaha (quota parte del debito), al ijara (l’asset finanziario), al istisna (il progetto), al musharaka (l’affare) e infine al istithmar, vale a dire l’investimento vero e proprio.

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