La Bri analizza i mercati: bene valutari e derivati, male i bond

Da Basilea sono giunte delle informazioni molto interessanti per quel che riguarda le scelte che gli investitori finanziari devono effettuare: la città svizzera rappresenta infatti la sede sociale della Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri), l’organizzazione internazionale che ha voluto analizzare nel dettaglio le principali performance dei mercati. Che cosa è emerso in questo senso? I dati più significativi giungono sicuramente dal segmento relativo agli investimenti in valute, i quali sono aumentati di ben venti punti percentuali nel corso degli ultimi tre anni; in tale caso, inoltre, bisogna sottolineare come le transazioni complessive siano state pari a 4.000 miliardi di euro da otto mesi a questa parte.


La stessa spa elvetica ha spiegato come questo incremento sia soprattutto il risultato delle maggiori negoziazioni poste in essere dalle istituzioni finanziarie, tra cui si possono inserire anche quelle relative agli investitori di stampo privato. Dollaro, yen ed euro sono gli assoluti protagonisti del boom degli investimenti valutari, un successo che è stato enormemente agevolato dalle contrattazioni elettroniche e dai numerosi conti correnti online che sono stati aperti dalle banche per venire incontro a queste esigenze. La Bri, poi, ha messo in luce altre tendenze di rilievo. Se le emissioni di titoli di debito possono vantare un importante aumento di valore nel corso del terzo trimestre di quest’anno (quindici punti percentuali in più rispetto ai tre mesi precedenti), gli strumenti derivati hanno subito qualche leggera flessione, ma sono comunque riusciti a resistere alle intemperie economiche dell’attuale periodo storico.

Le note dolenti giungono, infine, dal versante delle banche: i finanziamenti destinati ai Pigs (acronimo che identifica quattro paesi, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) sono diminuiti in modo considerevole, con evidenti difficoltà dal punto di vista del credito, e lo stesso vale per i titoli obbligazionari, visto che la ricetta dei cosiddetti eurobond non sembra essere sostenuta né da un’ampia popolarità né da una solidità strutturale.

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