La Malesia annuncia nuovi bond islamici in dollari

Scadenza decennale e denominazione in dollari: sono queste le due caratteristiche che risaltano maggiormente per quel che concerne la nuova offerta di obbligazioni islamiche messa a disposizione dalla Malesia, in quella che rappresenta la seconda vendita di debito sovrano del 2011 per lo stato asiatico. L’intera gestione finanziaria spetterà a tre banche di investimento locali, le quali hanno anche proposto un ammontare complessivo compreso tra i 500 milioni e gli 1,7 miliardi di dollari, anche se per il momento queste indiscrezioni sono giunte da fonti anonime. Una vendita simile vuole sottintendere che lo stato federale vuole cedere il proprio debito islamico a un benchmark ben preciso, facendo riferimento a un’industria, quella dei titoli che rispettano i dettami della Shariah, che ha un valore complessivo di un trilione di dollari.


In realtà, si tratta di un’emissione piuttosto inconsueta, visto che solitamente gli investitori di tale segmento si focalizzano maggiormente su scadenze di breve periodo, al massimo cinque anni. Quindi, il governo di Kuala Lumpur è seriamente intenzionato a pagare un rendimento più alto, in modo da rafforzare la posizione nazionale come vero e proprio centro finanziario della finanza islamica, oltre che una delle principali piazze per quel che concerne i sukuk. I bond sovrani malesi, tra l’altro, sono piuttosto rari e per questo molto ricercati e appetibili; secondo gli analisti asiatici, i ricavi che verranno ottenuti saranno sfruttati per rifinanziare una parte degli 1,75 miliardi di dollari dei bond non islamici che giungeranno a maturazione nel prossimo mese di luglio.

C’è comunque da sottolineare come la vendita diverrà reale soltanto dopo l’approvazione definitiva da parte del ministero delle finanze. Esiste però un precedente abbastanza incoraggiante: nel maggio del 2010, infatti, il paese del sud est asiatico aveva lanciato bond simili denominati in dollari e con una scadenza quinquennale, una quotazione che fu in grado di garantire uno spread di 180 punti base rispetto al Tesoro americano.

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