Obbligazioni europee: mutamenti in vista nonostante la calma piatta

Una delle battute più memorabili di Groucho Marx metteva in luce come l’attore comico statunitense, tra i più prolifici degli anni Trenta, non avesse intenzione di far parte di un club che avesse lui stesso come membro. Alcune economie europee stanno provando attualmente il medesimo imbarazzo appena descritto e la questione riguarda soprattutto l’euro. Molti privilegi finanziari sono stati revocati, la principale conseguenza dei diffusi timori del contagio greco e irlandese e proprio l’andamento di quest’ultima economia si è ripercosso sui mercati obbligazionari; il risultato di tali atteggiamenti è piuttosto scontato, la fiducia degli investitori è ai minimi storici e soprattutto quelli istituzionali hanno cominciato a camminare con i piedi di piombo nel “campo minato” dei bond governativi (il riferimento principale per questi strumenti a rischio va a Portogallo, Spagna e Italia).


Le banche hanno notato una certa distensione nell’ambito dei mercati creditizi, con una dipendenza molto ridotta dalla Banca Centrale Europea, ma la situazione è comunque profondamente mutata. In effetti, come è emerso in Germania, nel caso in cui i soggetti beneficiari dei prestiti non dovessero essere in grado di ripagare i loro debiti, ci sarebbe una reazione di sorpresa dalle piazze finanziarie, ma sono state dimenticate troppo presto le distinzioni fondamentali che esistono ancora tra i paesi più vulnerabili dell’eurozona. Le scorse settimane sono state contraddistinte da tendenze ben precise: i titoli obbligazionari spagnoli e del nostro paese si sono mossi nella stessa direzione di quelli portoghesi e irlandesi, un chiaro segnale che il contagio, sebbene non prossimo, non è però neanche lontanissimo, viste queste correlazioni.

Il modo più consigliato agli investitori per comportarsi in tale situazione è quello di prestare un’attenzione spropositata nei confronti delle proporzioni del debito di ogni singola nazione su cui si focalizza il proprio portafoglio; occorre dunque tenere presente, in primo luogo, che un’ampia presenza di risparmiatori esteri sottintende spesso un ribasso dei profitti.

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