Sono davvero molte le banche di Wall Street che si stanno avventurando nell’emissione obbligazionaria: i 3,7 miliardi di dollari relativi a tali bond si riferiscono in gran parte a Goldman Sachs, ma non bisogna dimenticare nemmeno Citigroup, Wells Fargo e JPMorgan Chase. In particolare, questi strumenti finanziari sono collegati al settore del real estate e confermano lo spread attualmente esistente tra le economie europee e quella americana. Le vendite commerciali di questi istituti potrebbero ammontare a oltre dieci miliardi di dollari nel terzo trimestre di quest’anno, anche perché il segmento relativo ad hotel, uffici e centri commerciali è in costante espansione da questo punto di vista. I principali titoli sono in grado di rendere 209 punti base al di sopra del ritorno economico del Tesoro, secondo le ultime rilevazioni di Barclays: a giugno questo stesso spread era pari a 227 punti base, una conseguenza immediata del blocco operato dalla Federal Reserve di New York per quel che concerne le emissioni immobiliari, nello specifico dei prodotti che erano stati acquisiti per il salvataggio dell’American International Group, celebre gruppo assicurativo americano.
Goldman Sachs
Houston: Goldman Sachs apre al trading delle commodities fisiche
Il gruppo bancario Goldman Sachs, quinto istituto di tutti gli Stati Uniti per quel che concerne gli assets finanziari, aprirà a breve un ufficio a Houston per il trading delle commodities fisiche. Si tratta di una mossa ampiamente ponderata, la quale è volta soprattutto a far accrescere le vendite e le operazioni entro la fine di quest’anno; le nuove assunzioni saranno realizzate al di fuori della società americana, mentre altre verranno riallocate dalle città di Londra e New York. Uno dei nomi su cui si stanno concentrando le indiscrezioni è quello di Trey Griggs, attualmente nelle vesti di direttore gestionale presso il comparto di vendite energetiche a New York, il quale rappresenta proprio una delle riallocazioni a cui si faceva riferimento in precedenza; in effetti, il suo nuovo ruolo sarà quello di numero uno dell’ufficio relativo alle commodities, mentre Ben Freeman, trader presso Londra, si recherà a Houston per svolgere l’incarico.
Goldman Sachs, dopo cinque anni si torna ai Kangaroo Bond
Goldman Sachs ha deciso di ritornare con forte convinzione al mercato obbligazionario australiano: si tratta della prima volta in assoluta dal 2006, visto che, a distanza di cinque anni, si è capito che si possono trarre dei vantaggi importanti in relazione al rendimento del debito finanziario. La banca newyorkese, quinto istituto per dimensioni di tutti gli Stati Uniti, ha infatti provveduto a lanciare titoli con scadenza superiore ai cinque anni per un importo complessivo di 1,25 miliardi di dollari australiani (circa 1,6 miliardi di euro), tra cui possiamo includere mezzo milione relativo ai bond a tasso variabile, i quali saranno quotati 205 punti base al di sopra del tasso swap. Si tratta dei cosiddetti Kangaroo Bond, strumenti finanziari denominati per l’appunto nella valuta oceaniana. Questo segmento sta attirando un numero sempre maggiore di attori, dato che sono molto recenti gli interessamenti di JPMorgan Chase e di Bank of America, istituti che si erano allontanati dalle opportunità australiane subito dopo lo scoppio della crisi del 2008.
Commodities: il panico coinvolge i Bric e i fondi comuni
Goldman Sachs e Franklin Resources Incorporated sono due delle principali società a livello globale che gestiscono fondi focalizzati sui mercati emergenti: ebbene, sono proprio questi specifici prodotti a far registrare degli andamenti piuttosto altalenanti, influenzati come sono dalle massicce vendite di commodities realizzate nell’ultima settimana. L’allarme è stato lanciato in relazione al Bric Fund di Goldman Sachs (831 milioni di dollari di giro d’affari) e al medesimo fondo di Templeton (825 milioni di dollari), i quali puntano sul gruppo di economie emergenti più sviluppato, quello dei Bric (Brasile, Russia, India e Cina). Gli ultimi dati parlano in entrambi i casi di una perdita molto vicina al 6%, tanto che i due colossi americani sono stati tra i peggiori performer per quel che riguarda i fondi azionari diversificati.
Goldman Sachs: i Cds salgono ai massimi dell’ultimo mese
Il costo per proteggere il debito emesso da Goldman Sachs è salito ai massimi livelli dell’ultimo mese: il rialzo è stato favorito, in particolare, dall’annuncio di una indagine in merito alla crisi finanziaria, la quale avrebbe appurato truffe e raggiri nei confronti della clientela. I Credit Default Swap dell’istituto statunitense sono pertanto cresciuti di 4,2 punti base, attestandosi a quota 115,5. A conti fatti, si tratta del record verso l’alto dallo scorso 17 marzo. La stessa banca d’affari newyorkese ha comunque smentito in maniera categoria di aver attuato azioni di questo tipo nei confronti dei propri risparmiatori, rivendicando la propria trasparenza e buona fede. Tra l’altro, anche i Cds degli altri principali istituti a stelle e strisce sono incrementati, come ad esempio quelli relativi a Morgan Stanley (3,6 punti base di aumento) e JPMorgan Chase (2,8 punti).
Goldman Sachs cede titoli obbligazionari a trenta anni
Da Goldman Sachs, colosso bancario statunitense nonché quinta banca del paese, è giunta una interessante indicazione per gli investitori finanziari: l’istituto newyorkese ha infatti venduto ben 2,5 miliardi di dollari relativi al proprio debito trentennale, un’operazione storica perché rappresenta la prima cessione di titoli azionari in più di tre anni da parte del gruppo. La decisione è stata presa alla luce del parere positivo fornito dagli stessi investitori ai premi più bassi dallo scorso mese di aprile, ricompense che riguardano da vicino le obbligazioni bancarie che presentano le stesse caratteristiche appena citate. I titoli in questione presentano un rendimento del 6,25% e andranno a pagare 170 punti base (vale a dire l’1,7%), un quantitativo superiore a quello proposto dagli strumenti del Tesoro con la stessa scadenza.