Il continente africano e la finanza islamica sono sempre più vicini: un esempio molto chiaro è quello relativo alla Tunisia, nazione che ha già approntato la bozza relativa al budget statale per quel che riguarda il 2013. Ebbene, proprio queste misure saranno sostenute e finanziate dai sukuk, i bond islamici che rispettano la legge della Shariah. Volendo essere ancora più precisi, l’importo previsto dovrebbe essere di un miliardo di dinari tunisini (poco meno di mezzo miliardo di euro per la precisione). L’annuncio è giunto direttamente da Slim Besbes, ministro delle Finanze del paese africano, sottolineando come si tratti di una parte integrante dello sviluppo di una piattaforma legale per la finanza in questione.
Sukuk
Turkish Airlines intende lanciare un bond islamico
La Turkish Airlines, terza maggior compagnia area di tutto il continente europeo per traffico di passeggeri, sta considerando seriamente di emettere un bond islamico: questo sukuk sarebbe la scelta finanziaria più opportuna per finanziare l’acquisto di nuovi veicoli, visto che il gruppo turco sta progettando una espansione che durerà altri dieci anni, come ha annunciato l’amministratore delegato Temel Kotil. La nazione anatolica si sta abituando da tempo a questo tipo di finanza, tanto è vero che è stata scelta la valuta locale per il secondo sukuk poco più di un mese fa.
Un sukuk per risolvere la crisi egiziana?
Un mese fa l’Egitto pensava anche all’emissione di un sukuk e questa intenzione finanziaria non è certo venuta meno ora: anzi, il primo ministro Hashem Qandil ha annunciato da tempo il lancio di tale bond islamico, una operazione che potrebbe essere conclusa entro la fine del 2012. Non sono stati forniti molti particolari in questo senso, ma la reazione della comunità economica è stata molto positiva, tanto è vero che il governo del Cairo si sta occupando proprio dei dettagli principali, in primis l’importo e la scadenza.
Standard & Poor’s esalta gli investimenti in sukuk
Uno degli ultimi report che sono stati pubblicati dalla celebre agenzia di rating Standard & Poor’s ha riguardato gli investimenti in bond islamici: secondo la compagnia americana, infatti, le emittenti della regione del Golfo potrebbero affidarsi ai sukuk come risorsa finanziaria utile per le infrastrutture e altri settori nei prossimi trimestri. Il titolo dell’indagine è già di per sé emblematico: i sukuk stanno superando le quotazioni di bond convenzionali nei paesi del Golfo a causa della differenza di rendimenti.
Giordania: un sukuk per sanare le finanze statali
Un testo normativo atteso da lungo tempo: c’è bisogno di questa legge per consentire alla Giordania di tuffarsi completamente nel “mare” dei sukuk. Le due camere della nazione asiatica stanno discutendo gli articoli in questione, ma l’obiettivo appare chiaro, vale a dire agevolare il governo locale nel saziare il grande appetito di bond islamici. La legge a cui si sta facendo riferimento è in fase di sviluppo dal 2010 ed è passata proprio nel corso di questo mese alla Camera Bassa, mentre l’approvazione a quella Alta risale alla scorsa settimana.
L’Egitto pensa anche all’emissione di un sukuk
Non solo bond governativi: l’Egitto è fortemente deciso a rilanciare la propria economia e l’ultima conferma è giunta dalle dichiarazioni del primo ministro Hesham Qandil, secondo cui la nazione africana starebbe pianificando nel dettaglio la vendita di un titolo obbligazionario islamico. L’esigenza di tale sukuk si è resa necessaria alla luce della nuova legislazione che andrà a riguardare gli strumenti di debito, con i prossimi tre mesi che saranno decisivi in questo senso. Lo stesso Qandil ha precisato di aver pensato soprattutto a quegli investitori che sono intenzionati a sfruttare il prodotto in questione, ma che attualmente ancora non possono farlo.
Primo semestre 2012 da record per i sukuk
Il Financial Times ne è più che convinto: visto che gli investitori mondiali sono intenzionati a rafforzare e aumentare i loro rendimenti, c’è un segmento ben preciso del mercato che li attrae per diversi motivi. Si tratta del segmento dei sukuk, gli strumenti di debito emessi in conformità alle leggi della Shariah, strutturati per fornire un ritorno economico regolare che assomiglia molto a un interesse, ma che non può essere quest’ultimo, in quanto la religione islamica lo vieta in maniera espressa. Il 2012 è già stato caratterizzato da 17,4 miliardi di dollari per quel che concerne le quarantacinque emissioni.
I record del 2011 della finanza islamica
Le quotazioni di sukuk nel corso del 2011 hanno battuto un record davvero importante, 85 miliardi di dollari per la precisione: si tratta di un valore 2,5 volte superiore a quello precedente la crisi finanziaria, più precisamente il livello che era stato raggiunto nel corso del 2007. Questo aumento così evidente indica in maniera chiara come i mercati islamici del capitale siano tornati prepotentemente in gioco. Come hanno spiegato, inoltre, diversi analisti, i mercati convenzionali del debito dello scorso anno sono stati caratterizzati da 5,4 trilioni di dollari emessi dai soli Stati Uniti, mentre il comparto dei sukuk è stato dominato in lungo e in largo dalla Malesia. Questo vuol dire che gli investimenti islamici hanno raggiunto dei buoni livelli, ma ovviamente mettere a confronto il tutto con i prodotti tradizionali è ancora prematuro.
Dubai sfrutterà i sukuk per il proprio aeroporto
Dubai utilizzerà gli 1,25 miliardi di dollari relativi all’ultima emissione del proprio bond islamico per finanziare l’espansione dell’aeroporto locale; ma, come se non bastasse, si penserà anche a ripagare i creditori nei tempi stabiliti, soprattutto per quel che concerne Dubai World. Lo scalo in questione è il Dubai International Airport, come confermato dallo sceicco Ahmed bin Saeed al Maktoum, figura chiave della ripresa economica dell’emirato arabo dalla sua debacle che risale ormai a tre anni fa. Questo stesso sceicco, tra l’altro, detiene una partecipazione importante anche all’interno di altre compagnie, dunque si può ben comprendere il vantaggio che potrebbe derivare da un investimento di questo tipo.
Il sukuk di Goldman Sachs accende la polemica sulla supervisione
Il debutto islamico di Goldman Sachs con il suo sukuk da due miliardi dollari ha spinto molti esperti a chiedere una maggiore supervisione per quel che concerne queste emissioni finanziarie: gli intenti della banca americana sono di tipo societario, in particolare si punta alle emergenze finanziarie di breve termine, ma secondo il punto di vista dei paesi arabi e asiatici gli istituti di credito non islamici dovrebbero rendere molto più chiari i loro piani di investimento, con una supervisione e un monitoraggio che possano essere più rigorosi possibile. La legge della Shariah, come è noto, impedisce di accumulare denaro per guadagnare degli interessi sulle attività. Altre emissioni simili non hanno destato particolari preoccupazioni, come accaduto nel caso della National Australia Bank Limited e della Banque Saudi Fransi, ma stavolta si punta il dito contro il colosso statunitense.
Il programma di sukuk di Banque Saudi Fransi
Come è emerso in maniera evidente e chiaramente dal prospetto che è stato reso pubblico da un pool di banche piuttosto nutrito, Banque Saudi Fransi ha approntato un programma che prevede l’emissione di circa due miliardi di dollari in sukuk, i celebri titoli obbligazionari che sono conformi alla legge islamica della Shariah; gli istituti di credito in questione, i quali hanno seguito alla lettera il regolamento del London Stock Exchange, sono l’americana Citigroup, la francese Crédit Agricole e la tedesca Deutsche Bank, mentre l’emittente vera e propria non è altro che la banca privata siriana più famosa al mondo, con un operato che dura ormai dal 2004. Il gruppo appena menzionato gestirà l’intera emissione in ogni dettaglio, ma quali sono le altre caratteristiche salienti del programma di cui si sta parlando?
La Malesia è sempre più leader del mercato dei sukuk
Il motto ufficiale della Malesia recita espressamente “l’unità è forza”: ebbene, l’unità e la forza della nazione asiatica sono ben testimoniate in questo momento storico dagli investimenti finanziari, dato che l’emissione totale di sukuk sia per scopi governativi che societari sono destinati a raggiungere un totale molto importante nel corso di quest’anno, vale a dire 44 miliardi di dollari americani, di cui un buon 60% sarà riferibile a questo paese (si tratta di circa ventisei miliardi di dollari per la precisione). Se si vuole effettuare un confronto interessante, c’è da dire che lo scorso anno le quotazioni globali erano di gran lunga inferiori, di poco superiori ai ventisei miliardi.
Hong Kong sempre più affascinata dal mondo dei sukuk
Anche Hong Kong sembra non essere riuscita a resistere al fascino dei sukuk, i titoli obbligazionari che sono conformi alla legge della Shariah e che vietano, ad esempio, i tassi di interesse: l’ex colonia britannica sta infatti valutando con la massima attenzione quale tipologia è più conveniente sottoscrivere, visto che forse in pochi sanno che si possono distinguere vari sukuk, tra cui Ijarah, Musharaka, Mudaraba e Murabaha. In effetti, sarà necessario comprendere quali saranno i vantaggi maggiori in termini di profitti fiscali e di disponibilità finanziarie.
Rating A1 per il sukuk di Saudi Electricity Company
Moody’s ha assegnato un giudizio ben preciso per quel che concerne l’outlook dei sukuk emessi da Saudi Electricity Company: le prospettive in questione sono infatti ritenute stabili, mentre il rating appena menzionato è pari ad A1, il quinto gradino più alto secondo l’agenzia americana, il quale identifica una buona affidabilità dell’investimento e una probabilità nulla di default nel giro di un anno. Volendo essere ancora più precisi, la quotazione di questo strumento finanziario è stata resa possibile da un veicolo speciale della società araba, ovvero Saudi Electricity Global Sukuk Company. In aggiunta, la stessa Moody’s ritiene che questo titolo obbligazionario conforme ai dettami della religione islamica sia un bond del tipo senior unsecured, un’altra precisazione senza dubbio importante per quel che riguarda gli investitori finanziari interessati.